“ La si mangia a quarti, senza l’aiuto delle posate. Non c’è gusto se non la si prende tra le dita. La prima verifica della riuscita si effettua sul requisito della compattezza. In un esemplare che si rispetti il lembo inferiore non deve essere gommoso da appiccicarsi ai denti o al palato, né spenzolare dalle dita come la lingua d’un cane affannato facendo sgocciolare frammenti del ripieno.” E’ così che Pasquale Di Ciaccio, una guida turistica, descrisse la Tiella di Gaeta, negli anni ‘70.
Un piatto unico, ricco e prelibato, molto più di una semplice pizza, che con il suo profumo invade da millenni la città di Gaeta (LT), da quando questa era divisa ancora tra due borghi: da un lato la corte dei Borbone, abitata da ricchi che mangiavano cibi elaborati e la parte abitata da pescatori e contadini, che non avendo risorse, si nutrivano con quel poco che riuscivano a rimediare, molto spesso riciclando gli avanzi.
E’ proprio qui che la storia della Tiella affonda le sue origini. Si narra infatti che Ferdinando IV di Borbone ne fosse un ottimo estimatore, se non addirittura l’inventore. Sembra che il re nei suoi soggiorni a Gaeta preferisse confondersi con gli abitanti del borgo marinaro cercando di carpire i segreti delle massaie in cucina ed in particolare nell’impastare la pizza.
Da qui elaborò il doppio strato di pasta con il ripieno di pesce o verdura, la Tiella appunto, da lui considerata “primo, secondo e terzo“. Grazie a lui anche l’aristocrazia cominciò ad apprezzarla, soprattutto quella fatta con i calamaretti, all’epoca pregiatissima. I ripieni realizzati con sarde, alici, scarola e baccalà erano i più diffusi tra il popolo del borgo contadino e marinaro che ancora oggi ne custodisce il segreto.
In seguito alla caduta del Regno Borbonico, nel 1860, divenne pasto usuale e “fugace” per tutti gli emigranti che cercavano la fortuna imbarcandosi e cadde pian piano in disuso, perché troppo spesso associato alla “miseria”. Oggi grazie ad un recupero storico-culturale e alla sua innegabile bontà, la Tiella è tornata alla ribalta. E’ attualmente inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali della Regione Lazio e inoltre il Comune di Gaeta le ha attribuito il marchio DE.C.O. (Denominazione Comunale di Origine) dal 2005. Sicuramente la ricerca di piatti sempre più gustosi portò all’elaborazione della Tiella, nell’interpretazione più semplice del suo “significato”, nell’interporre tra due pizze un ripieno composto di prodotti di terra o di mare, cotta, secondo tradizione in una speciale teglia circolare (tiella) di rame.
Si tratta semplicemente di due sfoglie di farina sovrapposte e chiuse per compressione che avvolgono il sapore intenso dei frutti di mare e del pesce e quello pungente delle famose olive nere di Gaeta. Il ricco ripieno può essere vario ed eterogeneo: sarde, scarola e baccalà e cipolla; tradizionale è anche la tiella con le zucchine, tagliate a rondelle e spadellate con cipolla abbondante; anche se la versione classica resta quella con i polpi.
La Tiella andrebbe per tradizione mangiata con le mani, tagliata a quarti: solo in questo modo è possibile testarne la morbidezza e compattezza. A Gaeta si dice che la tiella è veramente buona solo se l’olio, ricavato dalle famose olive, quando la si mangia, “scorre fino ai gomiti”. Oggi la Tiella si prepara tradizionalmente nelle case, ma non è semplice a farsi, perché una buona Tiella deve essere umida nel ripieno, morbida, ma non inzuppata nella pasta esterna, che deve essere sottile e ben cotta anche nella sfoglia inferiore. Aspetto da non trascurare è la sua forma, consolidata da secoli di tradizione, che la fanno somigliare ad una torta con i bordi (in dialetto affriciegl), sapientemente manipolati fino ad ottenere un’artistica cornice circolare. Fondamentale è il ripieno, la cui accurata preparazione e l’uso di ingredienti locali e selezionati rappresentano il segreto principale della sua bontà.
Altra caratteristica importante di questo prodotto è l’apporto nutrizionale: essendo preparata con verdure e pesce azzurro, prodotti rigorosamente freschi e stagionali e ricca di carboidrati, corrisponde pienamente ai dettami della dieta mediterranea; al contrario non contiene zuccheri né grassi, se non quelli “buoni”, come gli acidi grassi e gli omega 3 contenuti nel pesce azzurro e nell’olio extra vergine di oliva.