Un antichissimo piatto che ci fa viaggiare nel tempo, portandoci in un’epoca in cui le risorse erano limitate e le padrone di casa trovavano spesso soluzioni ingegnose per placare, con pochi ingredienti, l’appetito dei numerosi componenti della famiglia. I frascarelli sono una ricetta della campagna marchigiana, diffusa in particolare nel maceratese: una sorta di polenta ottenuta non dalla farina di mais ma da quella di grano tenero, che le dona un sapore delicato e una consistenza densa e cremosa. Una pietanza che in passato, secondo una credenza popolare, era considerata un valido aiuto per stimolare la produzione del latte nelle puerpere, che ne mangiavano perciò in abbondanza.
Fino a non molti decenni fa si condivano esclusivamente con il ragù ‘finto’, cioè senza carne, fatto con la salsa di pomodoro o i pelati, un trito di sedano, carote e cipolla, olio, vino rosso e varie erbe aromatiche (rosmarino, salvia e prezzemolo, oppure basilico e maggiorana). In rare occasioni qualcuno aggiungeva un pezzetto di lardo o di gambetto di prosciutto.
Oggi, nelle abitazioni in cui vengono ancora cucinati, i frascarelli incontrano intingoli più ricchi, come il ragù di macinato di manzo e maiale, il sugo con le salsicce, quello con il prosciutto crudo e la lonza di suino o con il ciauscolo IGP, il caratteristico salume marchigiano spalmabile, ricavato da tagli selezionati (pancetta, spalla, rifilature di prosciutto e di lonza) e aromatizzato con spezie e vino rosso. Ma in estate, quando i condimenti con la carne o gli insaccati possono risultare troppo pesanti, è meglio scegliere il buon vecchio e profumatissimo sugo finto, più leggero e perfetto in questo periodo dell’anno.
Spesso questa “polenta bianca”, che per secoli ha sfamato generazioni di contadini, sostituiva il pane: dopo la cottura in acqua, veniva infatti sminuzzata e passata in padella con un po’ d’olio, diventando quasi croccante, oppure lasciata raffreddare, tagliata a fette, grigliata e mangiata insieme alla saba o mosto cotto, uno sciroppo tipico delle Marche e dell’Emilia Romagna ottenuto da uve bianche o nere.
Il termine frascarelli deriva dalla ‘frasca’, il bastone a tre rebbi che nelle cucine contadine era impiegato per girare la polenta all’interno dei paioli posti sul camino; ma le ‘frasche’, in dialetto, indicano pure i ramoscelli che, presi direttamente dall’orto, servivano per inumidire la farina con l’acqua, prima di dare inizio alla preparazione del piatto.