“Invece traversai Belbo, sulla passerella, e mentre andavo rimuginavo che non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto. Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il respiro e il suo sudore”. Così Cesare Pavese nel suo ultimo romanzo, La luna e i falò (1950), ricco di elementi autobiografici, descriveva i vigneti delle Langhe, in cui il duro ed esperto lavoro dei vignaioli incontrava scenari naturali in grado di svettare oltre le nuvole: “Una vigna che sale sul dorso di un colle fino a incidersi nel cielo, è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica. Sotto le viti è terra rossa dissodata, le foglie nascondono tesori, e di là dalle foglie sta il cielo”.
Sono trascorsi più di sessant’anni da quando lo scrittore piemontese pubblicò quell’opera, ma il fascino di questo territorio è rimasto inalterato. Qui tra colline, castelli, cantine e vigneti a perdita d’occhio nascono il Barolo, il Barbaresco, l’Asti Spumante, il Barbera e altri vini simbolo di un’eccellenza italiana apprezzata in tutto il mondo. E dal 22 giugno i paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e del Monferrato sono divenuti Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco.
Un traguardo raggiunto dopo oltre dieci anni dalla candidatura, che riconosce l’unicità di un luogo in cui convivono armoniosamente ruralità, costruzioni ricche di storia e la secolare tradizione della viticoltura, insieme ed eccellenze gastronomiche che ne fanno una delle capitali italiane e mondiali del mangiar bene, come il pregiatissimo tartufo bianco d’Alba, la tuma di pecora – un formaggio morbido conosciuto anche come robiola, Presidio Slow Food –, i tajarin – una pasta fatta in casa condita con un sostanzioso ragù di fegatini di pollo e frattaglie oppure con il tartufo – e naturalmente il brasato al Barolo. Insomma, vale proprio la pena di programmare un viaggetto in questo piccolo paradiso del gusto, approfittando delle prossime vacanze estive o magari del periodo della vendemmia, quando le colline si riempiono dei colori caldi dell’autunno.