“Non è possibile vedere campi più belli; non vi ha una gola di terreno la quale non sia lavorata alla perfezione, preparata alla seminazione. Il formento vi cresce rigoglioso, e sembra rinvenire in questi terreni tutte le condizioni che si richieggono a farlo prosperare”. Così descriveva la Val di Chiana Goethe nel suo famoso viaggio in Italia del 1786.
Un’ampia e fertile terra che, attraversando le verdi pianure e i dolci rilievi collinari tra la Toscana e l’Umbria, si estende per oltre 1200 kmq. Oggi rinomata in tutto il mondo per la Chianina, la pregiata razza bovina dal manto candido, dalla quale si ottiene la famosissima bistecca alla fiorentina, la Val di Chiana è uno di quegli Eden del buon gusto dove recarsi almeno una volta nella vita.
L’alimento trasversale a tutta la cucina è il pane. Nei secoli passati consumato in gran quantità dai contadini che, non potendo permettersi la carne, lo univano alle verdure o ai legumi. In un contesto di grande povertà nacquero così piatti poi divenuti celebri, come la panzanella – in cui il pane raffermo ammollato incontra olio di frantoio e aceto, cipolle, basilico e pomodoro a pezzetti – e la pappa col pomodoro – qui le fette vengono cotte con acqua fredda e un pomodoro schiacciato, poi servite con olio e parmigiano –, ideali nella stagione estiva. E ancora, pietanze invernali come il pan lavato – una zuppa a base di cavolo nero o cavolfiore –, la minestra con il cavolo nero e i fagioli e il sugo con le briciole, un intingolo di aglio, olio e mollica sbriciolata, impiegato per accompagnare i “pici”, grossi spaghetti impastati con acqua e farina.
Non è una casualità che il pane fosse disponibile in gran quantità e dunque accessibile a tutti. Ancora oggi, infatti, la Val di Chiana è conosciuta come il “Granaio d’Italia”, appellativo che gli fu attribuito nel XVIII secolo dopo la grande bonifica che trasformò una delle più vaste zone paludose d’Italia in un terreno fertile in cui si sviluppò una fiorente coltivazione di cereali (grano, orzo), ortaggi e verdure (primo tra tutti il cavolo nero, utilizzato nella ribollita, ma anche pomodori, bietole, cipolle rosse, lattuga, zucchine tonde), legumi (i rinomati fagioli dall’occhio e quelli romani) e frutta (le dolcissime mele “rugginose”, pesche e susine).
E ancora oggi sono i prodotti della terra i protagonisti della gastronomia di questo territorio, saldamente ancorata alla tradizione contadina, proposta dai numerosissimi agriturismi sorti tra le campagne di Cortona, Chiusi, Montepulciano, scelti da molti italiani come meta di vacanze e weekend alla riscoperta dei sapori “di una volta”.
Talvolta, la domenica o nei giorni di festa, compariva in tavola la carne bianca, più economica di quella rossa: le massaie cucinavano il ragù con i “dentri” (le interiora del pollo e del coniglio), lasciato sobbollire a lungo nei tegami di coccio, l’ocio (oca in dialetto toscano) in umido, cotto con i dentri, la salsa di pomodoro e gli aromi, e i crostini con i fegatini di pollo.
Questi piatti sono diventati parte integrante del menu di ristoranti e trattorie, rivisitati e arricchiti con ingredienti pregiati: così i pici sono solitamente uniti a succulenti sughi di cacciagione e in un pranzo tipico non possono mancare il salame di Cinta senese e la porchetta di Monte San Savino (Arezzo), innaffiati da un buon bicchiere di Vino Nobile di Montepulciano o di Chianti dei Colli Aretini, riconosciuti con il marchio DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).
Da assaggiare, infine, il miele (millefiori, acacia, castagno, corbezzolo, medica, lupinella e girasole), le marmellate di mele e susine e i deliziosi dolci – un tempo riservati soltanto alle grandi occasioni, come i matrimoni –, dai cantucci da bagnare nel Vin Santo alla ciaccia, fatta con l’impasto del pane rinforzato con strutto, zucchero, uvetta e noci (tipica della festa di Tutti i Santi) o con l’uva nel periodo della vendemmia e presente pure in versione salata, con i friccioli di maiale (lardo tagliato a pezzetti).