Farina di grano duro, uova fresche, zucchero, vino rosso, un bel po’ di strutto che rende l’impasto morbido e saporito, scorza d’arancia grattugiata e cannella che gli donano un delizioso profumo e il caratteristico colore bruno.
Sono i semplici ingredienti delle Cuddrireddri, focaccine fritte dalla forma di ciambella rigata che nelle case di Delia, il piccolo comune della provincia di Caltanissetta dove hanno avuto origine oltre otto secoli fa, vengono preparate nel periodo di Carnevale, dal 17 gennaio fino al Martedì Grasso.
Alcune pasticcerie della zona, però, le vendono tutto l’anno, insieme alle più famose specialità della regione, come cannoli, cassate e pasta di mandorle. L’ideale è gustarle con i vini dolci del luogo, come moscati e passiti, che esaltano il penetrante aroma della cannella.
Realizzare le Cuddrireddri è un’arte che soltanto le donne di Delia conoscono, tramandandola a figlie e nipoti per non far perdere questa antichissima e bella tradizione: dopo aver lavorato la farina con gli altri ingredienti, le massaie dividono il panetto in piccoli rotoli e avvolgono ciascuno di essi attorno a un bastoncino di legno, ottenendo una lunga spirale.
Quest’ultima viene poi appoggiata ad un attrezzo chiamato “pettine” – formato da due asticelle di legno unite da sottili striscioline di canna di bambù levigata – e unita alle estremità, acquistando la caratteristica rigatura. Il pettine è uno strumento davvero ‘prezioso’: in passato impiegato per intrecciare le stoffe – era un pezzo del banco da tessitura –, non viene più prodotto da oltre cent’anni, perciò chi ha la fortuna di averlo nella propria dispensa lo custodisce con cura.
La prima Cuddrireddra vide la luce all’epoca dei Vespri Siciliani (1282-1302), in omaggio alle castellane che vivevano nella fortezza medievale della cittadina siciliana e, in virtù delle sue nobili origini, al dolce fu data la sagoma di una coroncina. Il nome, difficilmente pronunciabile da chi non è siciliano, deriva dal termine greco kollura che significa “pane a forma di anello”.
Conosciuta fino a qualche anno fa soltanto a Caltanissetta e dintorni, da qualche anno la focaccina è entrata sotto l’ala protettiva di Slow Food, che ne sta favorendo la diffusione oltre i confini dell’isola.