È una storia lunga almeno 800 anni, quella del prosciutto di Norcia. In Umbria produrlo è un’arte che si tramanda da padre in figlio da tempi lontani, da quando, nel XIII secolo, qui si sviluppò la figura del “norcino”, un termine ormai impiegato abitualmente e le cui origini sono legate proprio a questa terra.
Oggi il crudo di Norcia è uno dei salumi più pregiati del panorama nazionale: dalla caratteristica forma a pera e dal colore che oscilla tra il rosso e il rosato, ha un sapore gentile e perfettamente equilibrato, sapido ma non salato, e un delicato profumo speziato, dato dagli aromi naturali impiegati prima della stagionatura.
Tutelato dall’Indicazione di Origine Protetta dal 1997, per essere gustato al meglio va tagliato al coltello, molto finemente, e mangiato da solo, accompagnato da uno dei tanti pani della tradizione umbra, come quello di Strettura, impastato con l’acqua purissima che sgorga dai monti dell’Appennino Umbro-Marchigiano, il più famoso pane “sciocco” di Terni o la torta al testo, una focaccia tonda non lievitata, cotta sul testo di ghisa e venduta come cibo di strada. Nei ristoranti e nelle trattorie della regione è servito come antipasto, insieme alle altre specialità locali, come il capocollo, la corallina, un salame ottenuto da una pasta finissima di parti nobili del suino pesante a cui viene aggiunta una minima percentuale di grasso a dadini, e il lombetto, ricavato dal lombo, il taglio più magro del maiale, e conservato sott’olio, con bacche di ginepro e foglie di alloro.
Non va messo in frigorifero – che tende ad alternarne il sapore – ma in un ambiente fresco e ad una temperatura compresa tra 6 e 14 gradi, avvolto in un panno di tela naturale o unto con un filo di extravergine d’oliva.